“Non voglio essere riconosciuta come la nipote di Hilton. Voglio essere riconosciuta come Paris”Chiunque conosce o ha comunque già sentito parlare di Paris Hilton. Figlia di Richard Hilton e Kathy Richards, è la nipote ereditiera di Conrad Hilton, fondatore della catena di hotel di lusso Hilton. L’eredità messa a disposizione della giovane Hilton (condivisa con la sorella Nicky) è di 30 milioni di dollari in liquidi e ha inoltre la possibilità di utilizzare il patrimonio della catena alberghiera per costruire a sua discrezione nuovi locali e alberghi sotto suo nome. Appena terminato il liceo, Paris decide di diventare famosa. Non famosa per, ma famosa. Così nel 2000 intraprende la carriera di indossatrice e modella, non facendosi mancare nemmeno un marchio per cui sfilare. Salta agli onori della cronaca rosa per una liaison con una tra le star più famose di Hollywood, Leonardo Di Caprio. Da qui in avanti la vita della Hilton è fatta di eccessi, follie, apparizioni televisive, modaiole, festaiole e in tribunale per i suoi vari guai giudiziari, che l’hanno portata anche a scontare un breve periodo in carcere. Abbiamo sentito parlare di lei perché apparsa nuda nei presunti video rubati, perché è stata vista abbracciata in mise sexy all’amica Britney Spears, perché fermata dalla polizia in stato di ebbrezza, perché ha sfilato in castigato tailleur grigio in un’aula di tribunale e perché è apparsa in una pubblicità italiana di telefonia. Tutto per essere visibile, per essere famosa, per far parlare di sé. Paris non è una cantante (o perlomeno una cantante di grande talento), non è un’attrice, non è particolarmente bella, non ha meriti particolari, eppure è famosa. È ricca ma questo non basta per giustificare la sua notorietà. Anzi, Paris deve impiegare le fortune del nonno per mantenere la sua notorietà. Ora le sue finanze navigano in mari agitati: il nonno vorrebbe devolvere una grande somma dell’eredità lasciata alla giovane Hilton in beneficenza perché “imbarazzato dal comportamento della nipote”.
Paris Hilton ci offre degli spunti interessanti per parlare di reputazione. Innanzitutto, la sua è una reputazione ‘conquistata’, non è colata direttamente dal nonno o dai genitori. Paris è la Hilton più famosa, fotografata e discussa. La sua fama non deriva dal suo ‘lignaggio’. In secondo luogo, la sua forsennata ricerca di fama mostra come ottenere una reputazione non significhi ambire a una buona reputazione. Paris, dopo aver usato le carte della modella e della pseudo-cantante, ha dirottato le sue energie su flirt, figuracce e guai giudiziari pur di far parlare di sé. Avere una reputazione, essere riconosciuti può essere un’esigenza più importante di godere di una buona reputazione. Avere una cattiva reputazione non è necessariamente uno status che svantaggia chi la possiede. Paris ne è un esempio. E non solo lei. La top model Kate Moss ha ottenuto un rilancio della propria immagine e un significativo aumento di visibilità e guadagni a causa di un suo problema con la droga. La reputazione può essere una meta ambita. Paris scialacqua enormi capitali pur di non passare sotto silenzio. La giovane Hilton non è famosa perché è ricca, ma è grazie alla sua ricchezza che può essere famosa. E questo è possibile. Si accetta che qualcuno sia famoso senza meriti, si accetta che la reputazione di un soggetto aumenti indipendentemente dalla qualità e dalle conquiste. La reputazione è dissociata dal motivo per cui se ne gode. Essa sembra piuttosto associata al fare qualcosa per mantenerla.
Ma perché Paris dovrebbe impiegare tutte queste energie e denari per avere una reputazione? Questa domanda non sembra trovare una risposta all’interno della spiegazione economica, nella Teoria della Scelta Razionale, all’interno del paradigma di spiegazione della reputazione che vede l’individuo come ideale homo economicus. L’esigenza di reputazione non può essere spiegata solo nei termini di un interesse egoistico volto alla massimizzazione dell’utilità personale. L’utilità personale di Paris, intesa in termini di guadagni e di creazione di precedenti per interazioni reiterate nel futuro, è danneggiata dalla sua ricerca di reputazione. Per la sua fame di reputazione rischia anche di perdere il mezzo (il denaro) che ha per mantenerla. Nella reputazione c’è qualcosa che va oltre l’interesse economico, oltre l’esigenza di essere riconosciuti per i propri meriti, oltre la buona reputazione. C’è un desiderio di riconoscimento che non si esaurisce in alcuna logica se non in se stesso.
“Mi sono iscritta alle selezioni del concorso per gioco, non avrei mai pensato di arrivare fino a questo punto. Anzi, a dire il vero mi ha iscritto una mia amica e… ora sono qui. Da grande non voglio lavorare nel mondo dello spettacolo, voglio laurearmi e fare la psicologa criminale. La mia ragione di vita? Ovviamente mia madre: è la mia migliore amica, la mia confidente, la persona più importante. Adoro gli animali, sono fidanzata, amo leggere e ho studiato danza (o canto). Comunque vada, questa è stata un’esperienza bellissima che mi ha aiutata a crescere e a trovare nuove amicizie. Se vincessi il titolo? Continuerei a fare la mia vita di sempre, con i miei affetti, perché… sono una ragazza semplice”.
Ecco l’identikit della partecipante tipo al concorso di Miss Italia. Tutti gli anni le stesse cose, le stesse frasi, le stesse ambizioni, la stessa recita. Colpisce che ogni edizione si sentano ripetere gli stessi protocolli, eppure in Italia non saranno poi così identiche le aspiranti reginette di bellezza. Anche Miss Italia ci insegna qualcosa sulla reputazione. Le aspiranti Miss devono ricalcare un modello-tipo reputazionale. La Miss Italia è una ragazza semplice, una ragazza della porta accanto, una piccola Biancaneve sprovveduta che sino ad ora ha pensato alla scuola, al fidanzato (lo stesso dalla seconda elementare) e ha confidato ogni suo segreto alla mamma. Esiste una marca reputazionale in cui le ragazze devono calarsi se vogliono ambire al titolo, sono selezionate anche in funzione di tali caratteri. Miss Italia continua a essere un evento dello spettacolo italiano proprio per questo, perché ripete, consolida e ridona un volto ogni anno a questo standard femminile, a questa etichetta reputazionale. Ciò che conta è mantenersi nella parte fino alla coroncina di diamanti e alla lacrime delle colleghe profondamente commosse, poi il consueto seguito. La miss abbandona gli studi, si lancia a capofitto nel mondo delle apparizioni tv, lascia il fidanzato, si trasferisce lontano dalla famiglia, sfrutta il suo anno di contratti tv per poi rimanerci e tentare comunque di affermarsi in questo mondo.
In questo caso, la marca reputazionale diventa fondamentale e occorre identificarsi in essa per essere accettati in quel ruolo. La Miss, probabilmente anche inconsapevolmente, si cala in un’etichetta di reputazione che corrisponde a quella che le ‘autorità’ hanno definito come ‘ideale’. Vale per le Miss come per tante altre figure professionali, o status e ruoli sociali. La dimensione sociale delle nostre relazioni può determinare parametri e standard reputazionali che una volta legittimati devono essere fatti propri dagli aspiranti a tali ruoli. Oltre al succinto costume, l’aspirante reginetta deve indossare i panni dell’ideale Miss.