martedì 19 febbraio 2008

Problemi di reputazione

Grazie a un forum di discussione la vita di Julia, un’anziana signora, è cambiata. Ora, confrontandosi con le sue amiche via internet sembra aver ritrovato la serenità e la voglia di vivere. Una delle sue amiche virtuali decide di incontrarla e scopre che in realtà la tenera nonnina Julia è un uomo, per la precisione uno psichiatra perfettamente sano. Questo è solo uno tra i casi, descritto dalla filosofa Victoria McGeer, che stimolano la riflessione sulla fiducia e sulla reputazione nel web. Casi come questi sono comunissimi su internet e trovano nelle reti sociali occasione di proliferazione. Ad essi, si deve una delle caratteristiche della reputazione di internet: uno spazio non sicuro, popolato da cattive intenzioni, un luogo di fittizie identità e di anonimato impunibile. Perché internet soffre di questa cattiva reputazione? Perché il web oltre ad essere un’importantissima e molto utilizzata fonte di informazioni e conoscenza è considerato ‘pericoloso’?

Innanzitutto è possibile fare una constatazione circa il nostro modo di porci nei confronti di Internet. Le relazioni sul web, di qualsiasi natura siano (commerciali, di amicizia, di scambio di informazioni e opinioni) mancano del volto, mancano della fisicità dell’altro, della sua dimensione corporea. La connessione senza contatto genera la paura dell’inganno. Eppure i sistemi reputazionali che il web mette a disposizione danno all’utente maggiori garanzie e sicurezze di quelle che avrebbe dal solo e semplice incontro o contatto visivo. Al discorso e alla comunicazione come mezzi per costruire, consolidare, minare o mettere in discussione un rapporto di fiducia si affiancano altri dispositivi che aggiungono indizi sulla reputazione del web-utente con cui abbiamo a che fare. Inoltre, il carattere virtuale e disincarnato di internet è comune a molte altre forme di comunicazione e di informazione: la lettura di un testo, uno scambio epistolare, una telefonata, etc. Tuttavia sembra che la nostra spontanea propensione a verificare la benevolenza e la competenza del nostro interlocutore sia frenata dalla modalità di relazione propria del web. Si tende infatti più frequentemente ad attribuire ai nostri web-interlocutori intenzioni malevole e ad attuare comportamenti volti a proteggersi e a difendersi. Paradossalmente, talvolta richiediamo per nostre relazioni su internet delle garanzie e degli standard di fiducia che non pretendiamo per altre modalità di relazione. Facciamo più fatica a riconoscere la pertinenza, l’affidabilità e la benevolenza dei nostri interlocutori se con essi abbiamo uno scambio comunicativo o informativo via internet. La violazione della fiducia sul web sembra quasi il risultato dell’innalzamento dei nostri standard necessari per concederla.

A mettere in discussione la possibilità di investire in relazioni di fiducia sul web è anche un altro aspetto. Sul web, le identità sembrano frammentarsi, disperdersi ed espandersi. Il nome diventa un’etichetta poco significativa: un soggetto può crearsi più identità sul web, avere più Nickname in una chat, cambiare contatti, etc. Questo problema riguarda da vicino la gestione della reputazione sul web e in particolar modo crea problemi non indifferenti ai vari dispositivi reputazionali che la rete ci offre. Infatti, gran parte dei portali che basano i loro contenuti su sistemi di reputazione hanno un problema fondamentale: permettono all’utente di creare più identità. Questa tecnica prende il nome di Sybil Attack, espressione che deriva da un libro e da una serie televisiva tratta da esso molto nota in America. Un unico soggetto crea più account possibili allo scopo di poter agire sulla reputazione non come singolo utente bensì come se a ogni suo account corrispondesse una persona. Ad esempio, un utente crea più account con lo scopo di incrementare la propria reputazione e per poter sfruttare in seguito questa per avere maggiore visibilità e credibilità. Oppure ancora è possibile mettere in crisi un dispositivo reputazionale attraverso Link Farm, ossia siti o pagine che raccolgono una notevole quantità di link in uscita. Le pagine Link Farm erano nate con l’obiettivo di fornire all’utente del sito una raccolta di siti che si riteneva potessero essergli utili. Ma ben presto le Link Farm sono diventati strumenti per migliorare il posizionamento del proprio sito tra i motori di ricerca. Ora, i principali motori di ricerca hanno implementato algoritmi capaci di riconoscere le Link Farm e non considerarle o addirittura di penalizzarle. La moltiplicazione delle identità unita alla possibilità di aggirare i dispositivi reputazionali sembra aggiungere difficoltà nella relazione di fiducia con il web. Al tempo stesso tuttavia i dispositivi reputazionali di cui il web si dota cambiano, si modificano e si ristrutturano per combattere e arginare questi attacchi con molta più velocità ed efficacia di quanto accada per dispositivi reputazionali più comuni e consolidati.

Non è possibile inoltre trascurare un altro elemento che agisce sulla sfiducia nei confronti del web: la privacy. Tema scottante e di grande attualità, chimera della società moderna, sembra trovare il paradigma della sua violazione nella rete. Avere a che fare con il web significa nell’immaginario comune lasciare tracce e indizi che possono essere utilizzati per ingannarci, derubarci e screditarci. I Social Network hanno poi ingigantito il problema. Si tratta di spazi in cui trovare moltissime informazioni personali sugli utenti registrati, informazioni che talvolta sono state utilizzate per truffe e inganni. Basta conoscere il nome di una persona e attraverso motori di ricerca, che spesso non hanno alcuna restrizione, è possibile accedere a informazioni molto personali.

Ma forse questi fattori brevemente elencati hanno pesato sulla reputazione del web più che quelli positivi. Fidarsi di Internet significa fidarsi di un nuovo modalità attraverso la quale costruire relazioni di fiducia. Internet diventa un’occasione di esercitare la nostra attribuzione di fiducia. Invece noi chiediamo al web delle garanzie che non abbiamo nemmeno nelle relazioni vis à vis o perlomeno chiediamo di avere garanzie preliminari di fiducia e di buona reputazione. Ma la fiducia per definizione si costruisce, si definisce nel tempo, è un processo fatto di tappe, di ripensamenti. E se il nostro fornaio di fiducia, fedele frequentazione quotidiana, ci avesse mentito e si chiamasse Pietro invece che Giovanni, o si facesse chiamare da alcuni Pietro, da altri Giovanni e da altri ancora Mario, penseremmo di aver subito un torto irreparabile? Riterremmo di non poter concedergli la fiducia necessaria per acquistare il suo pane?

Riferimenti e per saperne di più

G. Origgi, “Fidarsi di Internet”, in http://gloriaoriggi.blogspot.com/2005/06/fidarsi-di-internet.html

J. R. Douceur, “The Sybil Attack”, in http://www.cs.rice.edu/Conferences/IPTPS02/101.pdf

A. Katz, “A Stance of Trust”, in http://gloriaoriggi.blogspot.com/2006/05/stance-of-trust.html

http://en.wikipedia.org/wiki/Sybil_attack

1 commento:

Unknown ha detto...

Il web 2.0 imita la vita, dove nessuno è in realtà solo se stesso...

ma una miriade di personalità e di anime impigliate in un unico corpo fisico...

Pero' sfatare i miti della reputazione on-line è importante.

Kudo. Ciao!